Rinuncia all’eredità

Come rinunciare all’eredità?

Seppure la morte faccia parte della vita, quando accade è sempre un evento inatteso e sconvolgente, soprattutto quando ci sono legami molto stretti. Ecco che, oltre alla già grave situazione che la persona si trova a vivere, soccorrono una serie di problemi legati alle pratiche successorie ed a cosa fare in concreto quando una persona a te vicina muore e tu sei chiamato all’eredità.

Facciamo un passo alla volta.

Il fatto che tu sia chiamato all’eredità non comporta obbligatoriamente il fatto che tu la debba accettare. Infatti, finché non decidi liberamente di accettare o meno l’eredità la chiamata non importa l’assunzione di diritti ed obblighi nascenti dalla successione stessa.

Va anche chiarito che il chiamato deve liberamente decidere, essendo un atto strettamente personale, se accettare o rinunciare all’eredità.

Per farlo ci sono dieci anni di tempo dal momento dell’apertura della successione che coincide con la morte del de cuius. In questo spazio temporale il chiamato all’eredità è posto nella condizione di decidere se diventare erede, puramente e semplicemente, se accettare con beneficio di inventario, oppure se rinunciare.

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  • Che cosa può fare il chiamato all’eredità?
    1. Accettazione pura e semplice: il chiamato all’eredità subentra in tutti i rapporti attivi e passivi facenti capo al defunto, quindi più chiaramente sia nei crediti che nei debiti facenti capo allo stesso. Ai sensi dell’art. 474 c.c. l’accettazione può farsi espressamente o tacitamente.
      L’accettazione espressa si ha quando il chiamato, in un atto pubblico o con scrittura privata, abbia dichiarato di accettarla o di volere assumere il titolo di erede.
      Accettazione tacita si ha, ai sensi dell’art. 476 c.c., “quando il chiamato all’eredità compie un atto che presuppone necessariamente la sua volontà di accettare e che non avrebbe diritto di fare se non nella qualità di erede”. Così facendo il patrimonio del de cuius e quello dell’erede si confondono. Di conseguenza i creditori del defunto potranno aggredire i beni dell’erede per ottenere il soddisfacimento del credito vantato, in precedenza, verso il defunto;
    2. Accettazione con beneficio di inventario: qualora il chiamato all’eredità voglia accettarla ma allo stesso tempo voglia tutelare il proprio patrimonio personale dall’aggressione degli eventuali creditori del defunto può accettare l’eredità appunto con beneficio di inventario. Tale tipo di accettazione evita la confusione dei due patrimoni e per l’effetto l’erede risponderà dei debiti ereditari nei limiti dell’attivo incamerato con la successione.
      Con un esempio: Tizio muore lasciando debiti per 100 e crediti per 50. Caio, erede, decide di accettare con beneficio di inventario. Poco dopo un creditore di Tizio si rivolge all’erede per ottenere il pagamento di un credito vantato per 80. Caio, siccome ha accettato l’eredità con beneficio di inventario, rimanendo separati i due patrimoni, risponderà dei debiti ereditari nei limiti dell’attivo ricevuto e quindi di 50 e non per il debito maggiore di 80.
      Per potere accettare con beneficio di inventario è però necessario seguire un certo iter.
      L’art. 484 c.c. disciplina espressamente la cd. accettazione beneficiata prevedendo al comma 1 “l’accettazione col beneficio di inventario si fa mediante dichiarazione, ricevuta da un notaio o dal cancelliere del tribunale del circondario in cui si è aperta la successione, e inserita nel registro delle successioni conservate dallo stesso tribunale”. Al comma 2, poi stabilisce che “entro un mese dall’inserzione, la dichiarazione deve essere trascritta, a cura del cancelliere, presso l’ufficio dei registri immobiliari del luogo in cui si è aperta la successione”, e poi al comma 3 “la dichiarazione deve essere preceduta o seguita dall’inventario, nelle forme prescritte dal codice di procedura civile”.
      Qualora poi il chiamato all’eredità sia nel possesso dei beni ereditari è previsto che l’inventario sia redatto entro tre mesi dall’apertura della successione o dal momento in cui si è avuta notizia della devoluzione dell’eredità. L’adempimento entro il termine fissato è essenziale perché diversamente il chiamato all’eredità è considerato erede puro e semplice.
      Analogamente è considerato erede puro e semplice se, dal compimento dell’inventario, non effettui la dichiarazione di cui all’art. 484 c.c., sopra descritta, entro 40 giorni.
      Va specificato che in ipotesi particolari, ossia quando i chiamati all’eredità siano minori od interdetti, il codice prevede tassativamente, ex art. 471 c.c., l’accettazione dell’eredità solo con il beneficio di inventario.
    3. Rinuncia all’eredità: il chiamato all’eredità può ben decidere di non volere accettare la qualità di erede con tutte gli effetti che ne conseguono, essendo libero di decidere di rinunciare all’eredità.
  • Come deve essere la rinuncia all’eredità?

    La rinuncia, come l’accettazione, è un atto personalissimo e deve essere libero, ossia non può essere sottoposto né a termini né a condizioni. Va chiarito che qualora il chiamato decida di rinunciare lo fa per l’intero, infatti, l’art. 520 c.c. non ammette la rinuncia “solo per parte”. E, il senso della norma è chiaro, ossia tutelare i creditori del defunto. Se così non fosse, significherebbe che il chiamato potrebbe accettare solo la parte attiva dell’eredità e rinunciare a quella passiva in spregio delle ragioni di eventuali creditori del defunto. L’unico modo per accettare l’eredità e non confondere i due patrimoni, come si è detto, è l’accettazione beneficiata. Qualora, invece, il chiamato decida di rinunciare all’eredità lo fa per l’intero.

  • Quali sono gli effetti della rinuncia all’eredità?

    A tal proposito, infatti, l’art. 520 comma 1, c.c., afferma che “chi rinuncia all’eredità è considerato come se non vi fosse mai stato chiamato”.

  • Qual è il termine per rinunciare all’eredità?

    Il termine per rinunciare è lo stesso previsto per l’accettazione e quindi di 10 anni dall’apertura della successione.

  • Perché rinunciare all’eredità?

    La rinuncia all’eredità viene di norma effettuata quando i debiti ereditari sono superiori ai crediti o, nel caso in cui, l’eredità sia solo passiva ovvero formata unicamente da debiti. Per impedire che il chiamato all’eredità debba pagare i debiti maturati in vita dal defunto sarà sufficiente effettuare una dichiarazione di rinuncia all’eredità. In tal modo il chiamato è liberato da pesi ed oneri che l’accettazione avrebbe comportato, cosicché i creditori del de cuius nulla potranno pretendere dal rinunciante-chiamato all’eredità.

  • Come si rinuncia all’eredità?

    L’art. 519, co. 1, c.c. stabilisce “la rinunzia all’eredità deve farsi con dichiarazione, ricevuta da un notaio o dal cancelliere del tribunale del circondario in cui si è aperta la successione, e inserita nel registro delle successioni”.

    Quindi per rinunciare all’eredità sarà sufficiente effettuare una dichiarazione avanti al cancelliere del tribunale ove si è aperta la successione, ossia il luogo dell’ultimo domicilio del de cuius.

  • Per rinunciare all’eredità devo rivolgermi al notaio?

    No. Il rinunciante può liberamente decidere, come previsto dall’art. 519 c.c., se effettuare la rinuncia con dichiarazione resa davanti a notaio oppure se rivolgersi al cancelliere del tribunale ove si è aperta la successione. Gli effetti delle due dichiarazioni sono i medesimi, ossia la registrazione dell’atto nel registro delle successioni e conseguente effetto di risultare come se non si fosse mai stati chiamati all’eredità.

    Il procedimento avanti al cancelliere del Tribunale può essere svolto personalmente, ma, se hai necessità, lo Studio potrà seguirti nell’intera pratica, sgravandoti del lavoro.

  • Quanto costa rinunciare all’eredità?

    Rinunciare all’eredità non importa il pagamento di imposte / bolli elevati. È sufficiente una marca da bollo pari ad Euro 16,00. Successivamente si dovrà pagare l’imposta di registro, mediante modello F23, pari ad Euro 200,00. Si noti bene che, se i rinuncianti sono più di uno, ma effettuano la rinuncia congiuntamente, è dovuta un’unica imposta di registro, mentre, se rinunciano con separati e distinti atti, ciascuno dovrà pagare l’imposta di registro.

  • Rinuncia all’eredità e spese funebri – chi deve pagarle?

    Innanzitutto chiariamo che il pagamento delle spese funebri non importa un atto di accettazione tacita dell’eredità, poiché vengono considerate spese effettuate per pietà dei defunti.

    Ad ogni buon conto, se hai pagato le spese funebri, ma successivamente hai rinunciato all’eredità, hai diritto di ottenere il rimborso da coloro che, poi, hanno accettato l’eredità.

  • Quando non si può rinunciare all’eredità?

    Rinunciare all’eredità è sempre possibile entro 10 anni dall’apertura della stessa, salvo due ipotesi che è meglio conoscere:

    • il chiamato all’eredità abbia compiuto atti incompatibili con la rinuncia, con ciò intendendosi tutte quelle attività che non è possibile compiere se non con l’assunzione della qualifica di erede. L’accettazione tacita impedisce di potere rinunciare all’eredità. Va ricordato che se, ai sensi dell’art. 525 c.c., è possibile revocare l’atto di rinuncia (seppure con alcune limitazioni), non è invece possibile revocare un atto di accettazione;
    • il chiamato è nel possesso dei beni ereditari e non compie l’inventario entro tre mesi.
  • Quando la rinuncia all’eredità è nulla?

    Ai sensi dell’art. 520 c.c. la rinuncia all’eredità è nulla se “fatta sotto condizione o a termine o solo per parte“. La rinuncia all’eredità è un atto personalissimo e quindi non può essere sottoposto né a condizione (sia essa sospensiva o risolutiva) né tantomeno a termine (sia esso iniziale o finale). Come già detto poi la rinuncia non può essere fatta solo per una parte, ma può essere fatta solo per l’intero, così che il soggetto è come se non fosse mai stato chiamato.

  • Quando la rinuncia all’eredità è inefficace?

    La rinuncia all’eredità è inefficace quando, tra l’apertura della successione e l’atto di rinuncia, si siano compiuti degli atti/attività che importano accettazione tacita ossia incompatibili con l’atto di rinuncia.

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